Le cause e le terapie della parodontite

Intervista al Professor Weinstein sulla Parodontite, quali sono le sue cause, come prevenirla e quali i metodi per affrontarla.

Corriere della Sera – 19 giugno 2016

Se mentre vi lavate i denti vedete sangue nel lavandino, non dovete spaventarvi troppo ma di sicuro è il caso di rivolgersi subito al dentista. Il sanguinamento delle gengive è infatti il primo segnale della malattia parodontale. Questa condizione, che colpisce più di 750 milioni di persone nel mondo (la maggior parte della popolazione dopo i 35-40 anni di età), non deve mai essere sottovalutata perché, se non curata in modo opportuno, può portare alla perdita dei denti e avere ripercussioni anche su tutto l’organismo.

A che cosa si deve la malattia parodontale?
«Si tratta di una condizione molto comune che coinvolge le gengive e i tessuti di supporto dei denti (parodonto). È innescata dalla placca batterica, composta da residui di cibo e batteri che si depositano sulla superficie dei denti. Se questo materiale non viene rimosso i batteri possono proliferare e dare il via a una risposta infiammatoria aggressiva da parte dell’organismo — spiega il professor Roberto Weinstein, direttore della Clinica odontoiatrica dell’Irccs Galeazzi, Università degli Studi di Milano —. In un primo momento si infiammano le gengive (gengivite), ma, se non si interviene in alcun modo, i batteri passano all’attacco del parodonto (parodontite). Una gengivite trascurata può portare a una retrazione del solco gengivale fino alla formazione di tasche parodontali in cui i germi si moltiplicano ulteriormente, mentre le loro tossine intaccano i tessuti di sostegno dei denti, osso compreso. E non basta: i batteri, le loro tossine e le sostanze che mediano l’infiammazione possono diffondersi nell’organismo attraverso il sangue e interferire con molte malattie sistemiche, dall’artrite reumatoide all’aterosclerosi».

Quali sono i sintomi da non sottovalutare? 
«In genere i primi segni sono quelli della gengivite, cioè arrossamento, gonfiore e sanguinamento dalle gengive. In questa fase il danno è ancora reversibile per cui, se il fastidio non è passeggero, conviene rivolgersi al dentista per avviare una strategia preventiva su misura. Se, al contrario, si sottovalutano questi campanelli d’allarme, la situazione può degenerare e dare il via alla parodontite che può dare alitosi, retrazione delle gengive, mobilità e spostamento dei denti fino alla loro perdita».

Che cosa si può fare?
«In primo luogo bisogna puntare sulla prevenzione, che è la chiave della salute della bocca. A questo scopo sono fondamentali una buona igiene orale e i controlli dal dentista, che devono prevedere l’ablazione del tartaro con una frequenza variabile da caso a caso. Altrettanto importante è correggere abitudini di vita scorrette che possono concorrere a peggiorare il quadro, a partire dal fumo di sigaretta fino ad arrivare alla scorretta alimentazione. Se la malattia parodontale ha già preso il via bisogna stabilire il grado di gravità e valutare allo stesso tempo la salute generale del paziente, in modo tale da poter prendere provvedimenti mirati. Nelle forme iniziali di parodontite spesso bastano l’ablazione del tartaro periodica e la levigatura delle radici, una procedura che permette di rimuovere la placca che si accumula sotto il colletto gengivale. Nelle forme più avanzate è necessario un approccio più invasivo, di tipo chirurgico, per eliminare le conseguenze della malattia, cioè le tasche parodontali, ed eventualmente ricostruire i tessuti gengivali distrutti. Si tratta di terapie complesse che devono essere fatte da un odontoiatra esperto in materia (parodontologo)».
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